Una ex quarantenne, in giro per la rete con occhi curiosi e cuore aperto, sempre pronta ad ogni novità.
Uno spiraglio nella mia vita, nella mia straordinaria ordinarietà. La storia continua.

martedì 28 ottobre 2008

Pausa Svedese

Lo scorso fine settimana ci siamo concessi una piccola pausa svedese insieme ai miei cognati e a loro figlio.
Siamo partiti da Orio al Serio giovedì scorso alle nove e siamo arrivati a Stoccolma che era quasi mezzanotte.

La compagnia low cost che abbiamo scelto fa scalo ad un aeroporto secondario che dista dal centro della città circa 100 km. Arrivati stanchi e infreddoliti abbiamo seguito la coda e abbiamo fatto i biglietti per il bus che ci ha portato alla stazione centrale.

Il nostro Hotel era poco distante, ma col buio e il freddo ci abbiamo messo un po' prima di trovarlo. E devo dire che l'assenza di insegne chiare (un quadrato nero con su incisa una n bianca) non ci ha aiutato.

Il primo giorno, venerdì, ce lo siamo concesso per orientarci e cercare di capire che tipo di città è Stoccolma. Si estende per la maggior parte su isole collegate l'un l'altra con ponti. In effetti Stoccolma è la città dei ponti, un po' come Venezia, ma con un'atmosfera molto molto diversa.

La mattina abbiamo girellato per la città vecchia, Gamla Stan e siamo andati a vedere il Palazzo Reale e il cambio della guardia. Dopo aver constatato che quasi tutti i ristoranti del centro sono italiani, ci siamo sentiti un po' a casa, ma noi eravamo andati ad assaggiare le specialità del luogo, non gli spaghetti alla carbonara "swedsh style"..... alla fine affamati e infreddoliti ci siamo infilati in un ristorante che a nostro avviso poteva offrirci sia l'uno che l'altro. Mi sono ritrovata in un posto dove i pochi piatti cucinati erano italiani. I ragazzi hanno mangiato gli gnocchi di patate al pesto con una fetta di prosciutto di parma sopra. Che vergogna! Abbiamo deciso che i ristoranti dall'ora in poi li avremmo scelti io e mia cognata, dato che quello lo avevano scelto i mariti!

Il pomeriggio abbiamo scelto di fare il giro della città in battello. Abbiamo scoperto tante bellissime cose di questa città splendida e abbiamo potuto avere veramente una visione globale del luogo.

Dopo aver cenato, prestissimo, in un pub inglese che serviva anche cibo svedese, siamo tornati in albergo.

La mattina dopo abbiamo visitato il Museo del Vasa, un vascello del 1600. Pensate che questo vascello è affondato durante il primo viaggio in mare proprio nel porto di Stoccolma ed è stato  individuato e recuperato negli anni '60. Dopo averlo restaurato è stato messo a disposizione del grande pubblico, intero, e abbiamo potuto ammirarlo in tutta la sua maestosità.
Il colpo d'occhio è imponente, ti trovi catapultato indietro di quasi quattro secoli. La nave è bellissima ed è pressoché intatta! E poi è tutta intera! Si può vedere solo dal di fuori, ma immaginatevi di trovarvi davanti ad una nave ammiraglia della metà del 15° Secolo! E poi il museo espone non solamente la nave, ma uno studio antropologico e tafonomico dei resti di coloro che sono periti durante il naufragio, come vivevano, di cosa si nutrivano, se avevano avuto malattie. E poi hanno ricostruito le facce di due dei naufraghi, con l'aiuto del computer e soprattutto con tanto tanto impegno e studio. Il risultato è sorprendente.

Nel pomeriggio siamo andati a Junibacken, un museo-gioco dedicato ai personaggi della scrittrice svedese Astrid Lindgren, la "mamma" di Pippi Calzelunghe. Per noi grandi non è stato un granché, ma visto con gli occhi dei bambini è stata un'esperienza fantastica! Siamo arrivati e ci hanno fatto entrare in una specie di trenino che ad un  certo punto si è alzato e ha cominciato a volare sopra le ricostruzioni dei personaggi protagonisti dei racconti dell'autrice. Abbiamo incontrato la bambina che desiderava volare, Emil, il bambino pestifero che ha appeso la sorellina in cima all'albero della cuccagna e i due fratellini che hanno sfidato il drago! Poi abbiamo visto la casa di Pippi, Villa Villacolle e i bambini hanno giocato un po'. Dopo è iniziato uno spettacolo che purtroppo era in lingua svedese e i ragazzi si sono un po' annoiate, e siamo andati alla fine nel bosco dei mirtilli giganti, dove i bambini hanno terminato di giocare.

Stanchi e felici ci siamo recati in albergo e poi siamo andati a mangiare in un ristorante che la guida ci presentava come "Medievale" in perfetto stile medievale. Il ristorante c'era, l'ambientazione sicuramente era molto particolare, l'atmosfera medievale beh lasciava molto a desiderare. Tutto sommato non abbiamo mangiato male, a parte la mia zuppa di pesce che era quasi immangiabile, però siamo tornati nella città vecchia, che abbiamo subito amato alla follia!

L'ultimo giorno a Stoccolma, ci aspettavamo una giornata meravigliosa e invece....pioggia!!! Quindi niente museo di Skansen, museo etnografico all'aperto. E allora abbiamo esplorato i meandri del Palazzo reale e abbiamo fatto "Vita di Corte". Abbiamo visitato gli appartamenti reali, quelli degli ordini cavallereschi, avreste mai sospettato che Nelson Mandela fosse un membro dell'ordine dei serafini??? Ebbene, noi abbiamo visto il suo stemma, insieme a tutti quelli di molte personalità della politica e della cultura!
Poi abbiamo visitato il tesoro reale e infine il museo delle armi e delle carrozze. In questo museo i bambini hanno giocato a travestirsi e si sono improvvisati guerrieri, armati di spada di legno, elmo e paramenti, e mia figlia invece si è vestita da regina. Poi, mentre vedeva il fratello e il cugino che duellavano, si è spogliata e si è vestita anche lei da guerriero e hanno inneggiato tutti e tre a "Tutti per Uno, Uno per Tutti!!!".

E così si è terminata la nostra vacanza, molto breve e molto molto intensa. Vedere i bambini giocare felici è stato molto molto bello, ci ha fatto tornare bambini anche noi.

A volte vorremmo dare tante cose ai nostri bambini, ci sentiamo in colpa perché non possiamo essere sempre con loro e allora li riempiamo di roba, di cose anche costose, ma vedere i miei bambini giocare con una spada di legno o arrampicarsi sul tetto della casa di Pippi Calzelunghe , o cantare strofe da pirati visitando il Vasa,  mi ha fatto capire che hanno bisogno di amore ma che la loro fantasia è speciale e bisogna assolutamente preservarla e coltivarla. Magari qualche volta spengendo la televisione e leggendo un libro insieme. Questo non è solo un consiglio, ma un vero e proprio proposito per il futuro!

mercoledì 15 ottobre 2008

E adesso un po' di musica!

L'altra mattina non ho ascoltato il Ruggito del Coniglio andando al lavoro. Ero un po' malinconica e avevo bisogno di musica "amica". E allora ho messo il CD dei Coldplay, X&Y.
Penso che questo sia il CD più bello dei Coldplay, anche se ci sono diverse canzoni che adoro in Viva la Vida (l'ultimo) come la Title Track (Viva la Vida appunto) e Cemeteries of London. Pazzesche. Bellissime.
In questo CD che ho ascoltato c'è una canzone che amo profondamente.

Questa canzone l'hanno scritta per Johnny Cash, ma la sua prematura morte la fa diventare un tributo alla sua memoria e viene inserita nell'album come Ghost Track.
E' una canzone dolce e triste allo stesso tempo, che parla della morte ma anche della speranza, la speranza che alla fine qualcuno ci stia attendendo, e stia aspettando proprio noi.

Eccovela, ve la regalo. La voce calda e malinconica di Chris è accompagnata solamente da una chitarra, l'atmosfera è leggera e intensa.



'TIL KINGDOM COME


...One.....Two....
Steal my heart and hold my tongue
I feel my time, my time has come
Let me in, unlock the door
I never felt this way before

The weels just keep on turning
The drummer begins to drum
I don't know which way I'm going
I don't know which way I've come

Hold my head inside your hands
I need someone who understands
I need someone, someone who hears
For you I've waited all these years

For you I'd wait 'Til Kingdom Come
Until my day, my day is done
Say you'll come, and set me free
Just say you'll wait, you'll wait for me

In your tears and in your blood
In your fire and in your flood
I hear you laugh, I heard you sing
I would'nt change a single thing

The wheels just keep on turning
The drummer begins to drum
I don't know which way I'm going
I don't know  what I've become

For you I'd wait 'Til Kingdom Come
Until my day, my day is done
Say you'll come, and set me free
Just say you'll wait, you'll wait for me
Just say you'll wait, you'll wait for me
Just say you'll wait, you'll wait for me



E adesso la traduzione. Ho fatto tutto da me (quindi se mi infamerete comprenderò, ma considerate che sono un'atuodidatta non professionista.....), non perché mi reputi più brava, ma perché volevo davvero capirla, entrarci davvero dentro, e per far questo ho fatto la traduzione da sola. C'è un appunto sulla traduzione che troverete sul sito ufficiale italiano dei Coldplay. Ho tradotto "Kingdom Come" non con "Fine del mondo" ma con "Fine dei tempi". Questo modo di dire inglese ha sicuramente origini bibliche, infatti tradotto letteralmente significa "Il regno che verrà", ma in questo caso significa la fine della vita del protagonista, non la fine del mondo intero. In questi versi c'è il languore e il timore della vita che sta per spegnersi, momento dopo momento, time after time. E siccome si parla di tempo mi sembrava poco appropriato usare "Mondo", anche se facendo una considerazione, quando una persona muore, il suo mondo finisce con lui, quindi non sarebbe stato proprio errato. Diciamo che mi sono presa un "vezzo" stilistico.


FINO ALLA FINE DEI TEMPI

...Uno...Due...
Ruba il mio cuore e tieni stretta la mia lingua
Sento che il mio tempo, il mio tempo è arrivato
Fammi entrare, apri la porta
Non mi sono mai sentito così prima d'ora

Le ruote continuano a girare
Il batterista inizia a battere il tempo
Non so dove sto andando
Non so da dove sono venuto

Tieni la mia testa fra le tue mani
Ho bisogno di qualcuno che capisca
Ho bisogno di qualcuno che ascolti
Ti ho aspettato per tutti questi anni

Per te aspetterei fino alla fine dei tempi
Finché i miei giorni, i miei giorni non saranno compiuti
Dì che verrai e che mi renderai libero
Dì soltanto che aspetterai, che mi aspetterai

Nelle tue lacrime e nel tuo sangue
Nel tuo fuoco e nella tua piena
Ti ascolto ridere, ti ascoltavo cantare
Non cambierei nemmeno una sola cosa

Le ruote continuano a girare
Il batterista inizia a battere il tempo
Non so dove sto andando
Non so che cosa sono diventato


Per te aspetterei fino alla fine dei tempi
Finché i miei giorni, i miei giorni non saranno compiuti
Dì che verrai e che mi renderai libero
Dì soltanto che aspetterai, che mi aspetterai
Dì soltanto che aspetterai, che mi aspetterai
Dì soltanto che aspetterai, che mi aspetterai

venerdì 10 ottobre 2008

Sogni o....son desti??

Da un po' di tempo sogno. Faccio sogni carichi di significato, che alla fine si rivelano essere veri e propri balsami per l'anima.

Il primo l'ho fatto il 24 Aprile 2008. Dopo due anni e mezzo che è morto mio padre sono riuscita a sognarlo.
Dopo il grande dolore della perdita inprovvisa e inaspettata, mi sono resa conto che non sono riuscita a congedarmi con lui. Ci sono tante cose che avrei voluto dirgli e tante cose che avrei voluto sentirmi dire. Non si pensa mai che il tempo a volte sta per finire. E alla fine, insieme al dolore rimane il rimpianto, che forse è più dannoso e subdolo del dolore, che piano piano col tempo viene stemperato, un pochetto alla volta, goccia dopo goccia. Il rimpianto invece no. Rimane lì, duro e inflessibile. E lavora dentro, riesce a dilaniare il cuore e l'anima.

Dopo queste premesse, vi racconto il sogno che ho fatto allora, e che mi ha cambiato la vita.


Mi trovavo in un ristorante gestito da amici. Siamo molte persone e siamo lì per mangiare mozzarella. In effetti quello è un ristorante dove la specialità è la mozzarella.

E ad un certo punto il titolare mi fa andare nel cortile, sotto una tenda. Mi giro e mio padre è lì. Sta molto bene, è dimagrito ed è molto in forma. Il suo aspetto è curato, è vestito come si vestiva di solito, jeans e camicia, e mi sorride.


Io tremo dall'emozione e, esitando un po', mi avvicino a lui. Lui mi sorride e si avvicina e a questo punto lui mi abbraccia. Un abbraccio caldo, morbido, avvolgente. Mi dice tante cose, che purtroppo non ricordo, ma mi ricordo che nell'abbraccio ci sto bene, mi sento a casa. Poi iniziamo a parlare, come tante volte abbiamo fatto in passato. 


Poi ad un certo punto mi guarda molto seriamente e mi dice "Sono venuto perché devi sistemare le cose. E' necessario che tu sistemi tuto quanto, tua sorella non è in grado adesso di prendere decisioni, bisogna che tu la aiuti". In quel momento io so esattamente cosa è rimasto in sospeso e cosa possa averlo indotto a venire da me. Ci abbracciamo, lo rassicuro che avrei fatto tutto il possibile per sistemare ogni cosa rimasta in sospeso e che poteva stare tranquillo. Poi così com'è venuto se ne va.


Il mio amico mi chiede se stessi parlando con mio padre e io, meravigliata di quella domanda, gli rispondo di si. Lui mi dice che quel luogo è un luogo un po' magico, mi prende per mano e mi porta all'interno del ristorante, dopo aver attraversato varie sale, e mi mette davanti ad un muro. In mezzo a questo muro c'è una specie di spioncino.
Lui mi guarda e mi sorride e mi dice: "Guarda qui dentro", indicandomi lo spioncino.
Ma io ho paura, e non voglio guardare: " Ho paura, non voglio guardare". Dopo vari tentativi da parte sua alla fine mi faccio convincere e con riluttanza avvicino l'occhio allo spioncino.
Dall'altra parte c'è una bellissima sala biliardi, un po' fumosa, con tavoli da biliardo e tavoli da gioco. Mio padre è seduto ad un tavolino e gioca a carte con un suo amico, che io conosco e che purtroppo è mancato un anno prima di lui. L'atmosfera è serena e giocosa, tutti si divertono e si avverte una grande pace e tranquillità.


Il mio amico mi guarda e mi dice " Hai visto? Non c'è da aver paura! Lui sta bene ed è con i suoi amici. Non può accadergli più niente, devi stare tranquilla."
A questo punto mi sveglio. 

 

Devo ammettere: la mia vita è cambiata dopo quel sogno. Da quel momento faccio soltanto sogni "profetici" o dove analizzo certi miei comportamenti e me ne viene data la spiegazione. E qui arriva il secondo sogno.

 

Sono in una grande fattoria, sono andata a trovare la madre del mio amico sacerdote. Da notare che sua madre è scomparsa molti anni fa. Questa donna è molto anziana e malata e non può fare sforzi. Io sono lì sua ospite e mi sento in dovere di darle una mano. Lei in continuazione fa cose che non dovrebbe fare, sposta mobili, prende sulla schiena pacchi pesantissimi, va nella stalla e munge le mucche poi si carica i bidoni sulla schiena e li porta in un'altra stanza e quant'altro (da notare che il latte dei bidoni è rosa confetto, unica nota colorata di un sogno color seppia), e tante altre cose pazzesche. Alle folli e pericolose corse di questa donna io corro dietro in maniera forsennata e ogni volta le tolgo il lavoro facendolo io al suo posto. E lei sorride e ridacchia. Alla fine io, sfinita, le chiedo perché fa tutte quelle cose pericolose per la sua salute e la sua incolumità. E lei sorridendo mi risponde che è questo il mio dovere, e che lo devo fare senza sentirne la pesantezza, con allegria ed entusiasmo. Che non è lei che me lo chiede, e guarda suo figlio, che mi sorride e annuisce.

Devo dire che il mio amico ci parla spesso di sua madre, che era una persona buona e saggia ma tanto, tanto ostinata e caparbia.

 

E questo si traduce immediatamente nella mia vita reale: ultimamente sto correndo come una pazza cercando di fare tutto ciò che mi viene chiesto e sinceramente sono stanca. I miei doveri nei confronti della mia famiglia, dei miei suoceri, di mia madre, di mia sorella, dei miei amici, dei miei colleghi, mi pesano molto e ne sento il peso immane sulle mie spalle.


Mi sembra che tutti mi chiedano di fare cose, e io non voglio dire no a nessuno, e per questo a volte mi complico davvero la vita. In tutto questo ho anche la presunzione di fare tutto da me, di bastarmi e quindi di rifiutare l'aiuto che mi viene offerto, infilandomi sempre in situazioni grottesche e difficili (tipo essere in due luoghi contemporaneamente e altre amenità). Mi sembra che tutti mi chiedano l'impossibile, e nei loro confronti io mi sento molto inadeguata, perché non riesco a stare dietro a tutto, ma soprattutto mi pesa il dovere. Mi pesa il doverlo fare, mi pesano le ragioni. Non penso sia soltanto fatica la mia. Forse sono troppo egoista....non so.


Ma questa donna (o forse la mia coscienza) mi ha fatto capire che non devo lamentarmi. Che fa parte della mia vita, ed è questo il mio talento: aiutare le persone.

 

Da parte mia devo sforzarmi di non essere troppo egoista, e di non essere troppo indispensabile. E' bello sentirsi utili, ma a volte bisogna lasciare lo spazio anche agli altri. Che forse forse qualcuno mi voglia fare riflettere???